(Adnkronos) –
Per 40 minuti hanno cercato di rianimarlo, poi il suo cuore ha smesso di battere. Il giovane ivoriano, nona vittima del naufragio avvenuto ieri a una trentina di miglia dalle coste di
Lampedusa, al molo Favaloro era arrivato in forte stato di ipotermia. Quando il barchino su cui viaggiava è colato a picco in zona Sar maltese come i suoi compagni di viaggio – oltre 40 secondo i racconti dei sopravvissuti – è finito nell'acqua gelida. In 22 ieri ce l'hanno fatta. Non lui. Su quella lingua di cemento, primo approdo in Europa per chi si affida a trafficanti di essere umani senza scrupoli, volontari e operatori della Fcei li hanno visti accovacciati l'uno accanto all'altro, avvolti nelle coperte termiche. "Davanti ai nostri occhi si è presentata la scena di un massacro", racconta all'Adnkronos Emma Conti, operatrice di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. Anche lei ieri sera era su quel molo. "Sapevamo del naufragio, ci avevano detto di una vittima". Invece, dalla motovedetta della Guardia costiera i soccorritori hanno sbarcato otto salme. Troppo lungo per loro il viaggio per raggiungere l'isola, con onde alte sino a due metri e mezzo. "I medici a bordo dell'unità di soccorso non hanno potuto fare nulla per salvarli". Anche per la nona vittima, arrivata a Lampedusa in condizioni disperate, ogni tentativo si è rivelato vano. "Per 40 minuti hanno cercato di rianimarlo", dice Emma con la voce rotta dalla commozione. Non le uniche vittime del naufragio. All'appello mancherebbero oltre una decina di persone, tra cui diversi minori. "Alcuni dei superstiti hanno iniziato a chiedere dei figli, ma sul molo Favaloro non sono sbarcati bambini", dice Emma. Il timore, fondato, è che siano stati inghiottiti tra le onde. "Tutti i superstiti erano sotto choc, in forte stato di ipotermia". In sei, due donne e quattro uomini, sono stati condotti al Poliambulatorio. "Erano quelli in condizioni più critiche, ma nessuno degli altri si reggeva in piedi. Tutti sono stati trasportati di peso o in barella". I racconti di chi ce l'ha fatta sono adesso al vaglio degli investigatori. Ricostruzioni ancora confuse per capire cosa è successo e le dimensioni dell'ennesima tragedia. "Un ragazzo dice di aver perso l'intera famiglia, una donna i suoi tre figli. Poi c'è la mamma che ha visto sua figlia inghiottita dalle onde". Un "massacro" continua a ripetere Emma, che a Lampedusa è arrivata da oltre un anno e mezzo. "Ci sentiamo impotenti, tristi e arrabbiati. Si parla di solidarietà tra gli Stati, ma noi questa solidarietà non la vediamo mai. Mentre l'Europa festeggia per il nuovo Patto sulla migrazione che prevede un ulteriore restringimento del diritto di asilo, qui noi continuiamo a contare i morti. Vittime di cui l'Italia e l'Europa sono responsabili". Chi sopravvive alla traversata del Mediterraneo a bordo di quelle che soccorritori e investigatori hanno ormai ribattezzato 'bare galleggianti' parla di un "viaggio difficile". "Noi pensiamo, invece, che sia un viaggio ingiusto, che sia un'ingiustizia, che non dovrebbero trovarsi su quelle barche e che di questo noi siamo responsabili perché per loro non esistono altri canali legali e sicuri per sfuggire a violenze, guerre e povertà. Dove sono l'Italia e l'Europa? Perché ancora non c'è una missione di soccorso europea in mare e canali sicuri di accesso?". La carretta naufragata ieri in acque internazionali era partita da Sfax, in Tunisia. A bordo migranti che arrivano da Guinea, Burkina Faso, Mali e Costa d'Avorio. "La rotta tunisina, la più percorsa da ottobre 2022 a ottobre 2023, ora pare di nuovo intensificarsi – dice Emma -. Da lì arrivano tante famiglie e tante donne incinte". Future mamme che in Europa sognano un futuro per i loro figli, ma anche mamme a cui il mare quel futuro lo ha strappato. (di Rossana Lo Castro) —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)