14 Gennaio 2019, il Il Sequenziamento Genomico del neonato a cura dello studio del Brigham and Women’s Hospital.
Il sequenziamento genomico effettuato su neonati rileva i fattori di rischio non previsti per una determinata malattia.
A occuparsene è il team di ricerca BabySeq che sostiene come il sequenziamento genomico identifica il rischio di una vasta gamma di disturbi. Ma la conoscenza precoce del problema ne va a limitare i danni futuri.
Questi disturbi diversamente non potrebbero essere rilevati. Ecco perché, bisogna evidenziare che questa procedura permette di conoscere in anticipo delle condizioni che, prese in tempo, e soprattutto tenute in osservazione potrebbero apportare interventi mirati.
Tali interventi possono migliorare i risultati della salute dei neonati. Ma soprattutto per la famiglia stessa.
Ma che cos’è il sequenziamento genomico? Il sequenziamento genomico è la mappatura di tutti i geni del genoma.
Il DNA è fatto di basi azotate cioè gli elementi fondamentali che compongono il DNA. Adesso, se andiamo a considerare che le basi azotate sono simili alle lettere dell’alfabeto, s’intuisce che il sequenziamento genomico le va a valutare base per base.
Partendo dal presupposto che il genoma sia un testo scritto, si può affermare che il sequenziamento genomico è da intendersi come un evidenziare tutte le lettere che compongono quel testo. In questo caso, tutte le basi azotate che compongono il genoma.
A farla breve: l’insieme di tutti i geni che compongono il nostro corredo cromosomico.
Genoma, insomma, significa struttura, contenuto e funzione del complesso dei geni di una cellula o di un organismo. Quindi tutta la totalità del DNA.
Ma il sequenziamento genomico può davvero fornire informazioni utili per la salute Futura del bambino?
Secondo il co-direttore del progetto e capo del gruppo di ricerca Robert Green la risposta è sì.
Robert Green che è anche il professore Harvard Medical school, ha condotto uno studio randomizzato controllato ovvero un test eseguito in modo casuale su un tot. di pazienti.
Il risultato ha generato un consenso fortemente positivo. Il gruppo di ricerca sostiene che il sequenziamento genomico identifica quindi, il rischio per un’ampia varietà di disturbi.
Lo stesso Robert Green dichiara sbalordito, che i risultati sono a dir poco soddisfacenti.
Il risultato del sequenziamento genomico su un primo studio effettuato, va a esaminare la ricchezza di grandi informazioni sul rischio genetico imprevisto nei neonati.
Il progetto BabySeq
Ma in cosa consiste questo studio? Il progetto BabySeq ha reclutato un totale di 159 bambini.
Tra questi bambini alcuni sono soggetti sani, reclutati dal nido d’infanzia del Brigham and women’s Hospital.
Altri neonati, malati, sono stati arruolati dall’Unità di terapia intensiva neonatale del Brigham and Massachusetts General hospital.
Questo studio, ha coinvolto soprattutto le famiglie e i risultati sono stati ottimi.
Lo studio randomizzato sulla metà delle famiglie, comporta lo screening neonatale standard, che comprende anche il test “del tallone”.
Ciò identifica circa 30 condizioni genetiche e in più una conseguente consulenza genetica basata sulla storia familiare.
L’altra metà delle famiglie, ha ricevuto una sequenza dell’intero esoma in aggiunta alle cure standard e alla consulenza genetica.
Il risultato, che è stato ovviamente comunicato alle famiglie, va a evidenziare come su 159 neonati, cui 128 sani e 31 malati, su 15 di essi era presente una variante genetica con una parte che evidenziava un fattore di rischio.
Mettendo in evidenza la variante di rischio è possibile anche rilevarne le cure che, se affrontate durante l’infanzia, rendono più gestibile una futura malattia.
Insomma, una forma di prevenzione mirata su problemi che in un futuro potrebbero essere più devastanti.
Ma nello specifico come potremmo spiegare il sequenziamento genomico?
Il sequenziamento genomico, in altre parole è la valutazione dell’insieme dei vari nucleotidi (di cui le basi azotate ne costituiscono una parte) che compongono i vari geni in successione.
Ciò che fa la differenza e aiuta quindi a capire se c’è, una patologia o no è che:
per un dato gene conosciuto, sano, c’è una determinata sequenza di nucleotidi. Se c’è un’alterazione di questa sequenza di nucleotidi, si vede già facendo il sequenziamento del DNA.
Valutando le sequenze di nucleotidi di un determinato gene ci si rende conto di un possibile stato di alterazione.
Cosa sono nucleotidi? I nucleotidi sono le unità ripetitive degli acidi nucleici DNA e RNA, ovvero acido ribonucleico.
In conclusione
Possiamo dire che, alcune varianti sono state associate a condizioni cardiache. Nella fattispecie, alcune associate a cardiomiopatia dilatativa e ipertrofica. Altre, a stenosi aortica sopra-valvolare.
Le condizioni, a questo punto sono da intendersi mirate nel tempo; a seguito dei risultati, ogni famiglia è stata messa contatto con uno specialista.
Su un solo neonato è stato evidenziato un rischio di deficit di biotinidasi, ovvero una patologia che causa eruzioni cutanee convulsioni e perdita di capelli.
Secondo il professor Robert Green, è importante che ci sia la divulgazione del rischio genetico.
Purtroppo, la divulgazione a famiglie e bambini del rischio d’insorgenza di patologie in età adulta è fortemente scoraggiata con il fine di proteggere il diritto del bambino a non sapere. Questo è ciò che deriva dal volere della genetica tradizionale.
Ma in base agli studi e, al numero incoraggiante dei partecipanti, lo studio randomizzato sui genitori e i propri figli dimostra che al contrario essi vogliono sapere.
Soprattutto le famiglie vogliono avere accesso a quelle che sono le informazioni sullo stato di salute del loro bambino.
A questo punto, l’obiettivo del team di ricercatori del Brigham and Women’s Hospital è di incoraggiare il valore non solo della divulgazione stessa, ma anche dell’analisi globale delle informazioni genomiche per migliorare la qualità della vita a qualsiasi età.
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