Invecchiamento cerebrale: miglioramento funzioni cognitive

Invecchiamento cerebrale: miglioramento funzioni cognitive

Condividi su:

 

L’invecchiamento cerebrale compromette le funzioni cerebrali? assolutamente no!

Nell’immaginario collettivo, più o meno da sempre, siamo portati a pensare che con l’avanzare dell’età la memoria e fattori ad essa correlati, siano sempre più compromessi. Inoltre, si tende a ragionare sugli anni come all’apporto di un triste e costante declino delle nostre capacità mentali.

Invecchiamento cerebrale

Secondo uno studio pubblicato tempo fa su Nature Human Behaviour – a cura della Georgetown University Medical Center, il concetto appena espresso è totalmente errato. Per di più la ricerca offre, sorprendentemente, buone notizie contrastando questa visione.

Dai dati pubblicati si evince che due funzioni cerebrali fondamentali, che ci permettono di assorbire nuove informazioni e di concentrarci su ciò che è importante in una data situazione, possono, infatti, migliorare negli individui più anziani. Queste funzioni sono alla base di aspetti critici della cognizione come la memoria, il processo decisionale e l’autocontrollo. Ma anche la ricerca, la matematica, il linguaggio e la lettura.

Il primo ricercatore dello studio Michael T. Ullman, sull’invecchiamento cerebrale dice:

“Questi risultati sono sorprendenti e hanno importanti conseguenze su come dovremmo considerare l’invecchiamento”; asserisce Ullman, che è anche professore del Dipartimento di Neuroscienze e direttore del Brain and Language Lab di Georgetown.

La gente ha ampiamente pensato che l’attenzione e le funzioni esecutive diminuiscono con l’età, nonostante gli spunti interessanti di alcuni studi su piccola scala che hanno sollevato domande su questi presupposti“; aggiunge. “Ma i risultati del nostro grande studio indicano che gli elementi critici di queste abilità in realtà migliorano durante l’invecchiamento, con molta probabilità perché esercitiamo semplicemente queste abilità per tutta la vita”.

Quest’aspetto è ancora più importante, a causa del rapido invecchiamento della popolazione; sia negli Stati Uniti sia in tutto il mondo“; rileva Ullman. Poi, aggiunge che con successive ricerche, potrebbe essere possibile migliorare deliberatamente queste abilità come protezione contro il declino del cervello nell’invecchiamento sano e nei disturbi.

Lo studio

Il team si è mosso esaminando tre elementi separati di attenzione e la funzione esecutiva, in un gruppo di 702 partecipanti di età compresa tra 58 e 98 anni. Si sono concentrati su queste età perché rappresentano il momento in cui la cognizione spesso cambia di più durante l’invecchiamento.

I componenti esaminati sono:

  • le reti cerebrali coinvolte nell’allerta (o l’attenzione);
  • Quelle dell’orientamento;
  • E nell’inibizione esecutiva.

Ogni area, ha caratteristiche diverse e si basa su dissimili regioni del cervello e diversi neurochimici e geni. Nello studio è coinvolto anche il primo autore João Veríssimo, PhD. Questi è anche professore assistente presso l’Università di Lisbona, Portogallo. Insieme a Ullman, è arrivato alla conclusione che le reti possono anche mostrare diversi modelli d’invecchiamento.

Stare all’erta, caratterizza uno stato di maggiore vigilanza e una predisposizione più alta nel rispondere alle informazioni in arrivo. L’orientamento comporta lo spostamento delle risorse cerebrali in una particolare posizione nello spazio. La rete esecutiva inibisce le informazioni di distrazione o di conflitto, permettendoci di concentrarci su ciò che è importante.

Usiamo tutti e tre i processi costantemente“, spiega Veríssimo. “Per esempio, quando si guida un’auto, l’allerta è la maggiore preparazione quando ci si avvicina a un incrocio. L’orientamento si verifica quando si sposta l’attenzione su un movimento inaspettato, come un pedone. E la funzione esecutiva permette di evitare distrazioni come, ad esempio, gli uccelli o i cartelloni pubblicitari, in modo da poter rimanere concentrati sulla guida”.

Invecchiamento cerebrale

Tuttavia, lo studio ha rilevato che solo le capacità di allerta sono diminuite con l’età. Al contrario, sia l’orientamento sia l’inibizione esecutiva sono migliorati.

In conclusione

I ricercatori ipotizzano che, poiché l’orientamento e l’inibizione sono semplicemente abilità che permettono alle persone di prestare selettivamente attenzione agli oggetti, queste abilità possono migliorare con la pratica per tutta la vita. I guadagni da questa pratica possono essere abbastanza grandi da superare i declini neurali sottostanti, Ullman e Veríssimo suggeriscono. Al contrario, credono che l’allerta diminuisca perché questo stato di base di vigilanza e preparazione non può migliorare con la pratica.

A causa del numero relativamente grande di partecipanti, e perché abbiamo escluso numerose spiegazioni alternative, i risultati dovrebbero essere affidabili e quindi possono essere applicati abbastanza ampiamente“; dice Veríssimo. Inoltre, spiega che “poiché le abilità orientative e inibitorie sono alla base di numerosi comportamenti, i risultati hanno implicazioni ad ampio raggio”.

I risultati non solo cambiano la nostra visione di come l’invecchiamento colpisce la mente, ma possono anche portare a miglioramenti clinici, anche per i pazienti con patologie da invecchiamento come il morbo di Alzheimer“. Conclude Ullman nella sua dichiarazione.

Parkinson cure innovative: un gene potrebbe prevenirlo

 

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere informato iscriviti al nostro Canale Telegram o
seguici su Google News
.
Inoltre per supportarci puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui sotto, se vuoi
segnalare un refuso Contattaci qui .


Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24