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Hikikomori: la malattia silenziosa che viene scambiata per depressione

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Hikikomori è un termine giapponese che significa letteralmente “stare in disparte, isolarsi“. E’ così che viene chiamata anche un’infida malattia che colpisce molti giovani. Spesso confusa, a torto, con la depressione, si tratta in realtà di un rifiuto della società e dell’ambiente circostante.

Hikomori: come nasce

L’hikikomori è un fenomeno psicologico che nasce dal rifiuto della società. Ne sono soggetti soprattutto gli adolescenti. In Giappone, primo Paese a studiare il fenomeno,  vi sono oltre 500.000 casi accertati,ma secondo le associazioni che se ne occupano il numero potrebbe arrivare addirittura a un milione (l’1% dell’intera popolazione nipponica). In Italia, stime non ufficiali parlano di 100.000 casi. 

Gli adolescenti che ne soffrono sono persone molto intelligenti , ma anche particolarmente sensibili e introverse. Quuesta patologia si sviluppa quando le aspettative che vengono riposte in loro, da genitori, ma anche dalla stessa società, causano un sentimento di impotenza e perdita di cvontrollo e fallimento.

A quel punto scatta un meccanismo di difesa che spinge il soggetto a ritrarsi in sè stesso. Per questo sceglie l’unico posto dove si sente al sicuro, la sua stanza. Inizia a non voler più vedere nessuno e a rifiutarsi di uscire di casa. Il paziente colpito da hikikomori si riconosce, dunque per alcune caratteristiche peculiari: l’inversione del ritmo sonno-veglia, l’isolamento incamera e la preferenza per attività solitarie.

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Come curare la patologia

Bisogna fare attenzione quando si incontra un paziente affetto da hikikomori. Si deve tenere a mente che non si tratta di un atteggiamento depressivo, nè legato ad altre patologie (come, ad esempio, l’agorafobia) o all’uso eccessivo di tecnologia (si è sviluppato molto prima dek boom dei videogiochi). Per questo motivo, è inutile ogni ricorso a psicologi o psichiatri, o all’utilizzo dei farmaci (almeno nella fase iniziale della patologia).

L’approccio giusto, invece, è diverso e richiede il coinvolgimento dei entrambi i genitori. Occorre far capire al ragazzo che lui deve venire la propria vita, facendo le scelte che ritiene più opportune e senza la minima pressione. Occorre, dunque, un approccio di tipo psicologico che aiuti il soggetto a liberarsi delle sue paure e affrontare liberamente la vita, permettendogli di cadere e rialzarsi.

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24