ROMA - Il digitale cresce tra le imprese italiane che in maggioranza utilizzano abitualmente il web per i loro affari, anche se resta marcato il divario fra il Centro-Nord ed il Sud del Paese. E' quanto mostrano le elaborazioni effettuate da Unioncamere e Dintec sui risultati di SELFI4.0, il test di autovalutazione della maturità digitale messo a disposizione dai PID, Punti impresa digitale delle Camere di commercio. Ad oggi, 60mila imprese si sono cimentate con questo strumento, rivelando, così, le proprie capacità e competenze in materia di nuove tecnologie. "L'esperienza condotta in questi anni dai Pid mostra che le imprese hanno 'fame' di informazioni in tema di digitale", sottolinea il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. "Lo abbiamo potuto constatare nei PID-LAB, laboratori esperienziali già operativi, perfettamente integrati con i Digital Innovation Hub europei, facendo prendere contatto e sperimentare agli imprenditori diversi utilizzi concreti del digitale. Lo abbiamo visto con l'alta partecipazione ai nostri incontri formativi, ai quali hanno preso parte - solo nel 2022 - oltre 56.000 operatori". Negli ultimi 4 anni, il digitale non è più un tabù per il 57% delle aziende. Un miglioramento notevole, considerando che nel 2018 le imprese con maggior digitalizzazione erano meno del 40%. Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni in cui si registrano i valori più elevati di maturità digitale tra le imprese. Puglia, Sicilia e Calabria quelle con i valori più bassi. Forti divari nella Penisola: i maggiori livelli di digitalizzazione si riscontrano nel Nord Ovest e nel Nord Est, mentre al Centro e, soprattutto, nel Mezzogiorno si registrano i valori più contenuti. Le imprese dei servizi e del settore manifatturiero segnano la maturità digitale più alta, superiore a quella del Commercio, delle Altre industrie e dell'Agricoltura. Il livello di digitalizzazione aumenta inoltre al crescere della dimensione d'impresa, con le aziende di 50-249 addetti che segnano il valore massimo.

Geoblocking 2018: la fine di un paradosso

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Geoblocking 2018, la fine di un paradosso che l’Unione Europea elimina a favore del commercio elettronico. Ma soprattutto a favore di discriminazioni tra paesi degli stati membri europei.

Dal 3 dicembre 2018 la nuova normativa che regola i siti di e-commerce sui vari paesi, non verrà più reindirizzata in automatico per la versione locale del portale.

Da oggi si potrà acquistare liberamente, anche se non si fa parte dello stesso stato.

Geoblocking 2018, la fine di un paradosso per il mercato Europeo

Il mercato unico Europeo basa la sua totale identità sulla fruizione di un commercio uguale per tutti.

Il problema è che negli ultimi anni, si è verificato sempre più spesso un paradosso che, altalenandosi tra mercato offline e online, creava non pochi problemi.

Vediamo di cosa si tratta. Quando un cittadino Europeo, facente parte del commercio generale, si trova a far acquisti online, è subito indirizzato altrove.

La cosa al quanto scomoda consta nel fatto che se ad esempio un utente acquista dalla Cina, tutto è regolare. Inserimento dati, ordine, pagamento e attesa dell’acquisto effettuato.

Diversamente, ed è qui che subentra il paradosso, per gli Stati Membri dell’Unione Europea è diverso.  A causa della dissimile nazionalità, l’acquirente è reindirizzato altrove o su un altro sito  web più pertinente alla zona di provenienza.

Il risultato, che ha portato non pochi danni al commercio Europeo, con perdite ingenti, ha dimostrato in base ad un’indagine della commissione UE quanto segue.


Solo il 15% dei consumatori Europei che compra in un paese diverso dal suo, riesce nell’acquisto. Peggio è che solo l’8% riesce in acquisti professionali.

Tutto questo è considerato illogico se poi, allo stato attuale dei fatti si riscontra un commercio sempre più crescente dal punto di vista elettronico. Inoltre non dobbiamo dimenticare che negli ultimi dieci anni il commercio telematico è notevolmente raddoppiato.


A questo punto, subentra quello che comunemente è indicato con il termine Geoblocking. Dal 6 febbraio 2018, l’UE ne pone la fine, con un nuovo regolamento.

Quest’ultimo però entra in vigore solo il 3 dicembre, per dare modo alle nazioni di abituarsi e mettersi in regola.

Ma vediamo il problema da vicino e ciò che ha comportato il Geoblocking 2018.

Geoblocking 2018, la fine del reindirizzamento per gli acquisti online

Il Geoblocking 2018 pone fine, come detto al fenomeno del reindirizzamento secondo il quale durante la procedura di acquisto di un bene, l’utente è rimandato altrove.

La pratica di bloccare (perché è di questo che si sta parlando) l’acquirente e rimandarlo verso un altro sito web, pone la Commissione Europea in difficoltà.

Ritenuta “Pratica discriminatoria” (la situazione inerente il blocco geografico) andava eliminata.

La mancata fruizione online, colpisce principalmente i contenuti coperti da copyright o in streaming.

Il motivo è molto semplice: in base al paese di appartenenza cambiano le leggi e di conseguenza i blocchi applicati.

La nuova normativa, in vigore dal 3 dicembre 2018, rende i beni e i servizi acquistabili in tutte le zone europee. Senza discriminazioni di prezzo e trattamento.

La commissione UE, rende regolare gli acquisti e precisa che diversamente la procedura è da considerarsi illegale.

Ciò che ha spinto i vertici di Bruxelles a prendere tale decisione è un’indagine condotta.

Secondo tale indagine, ben il 63% dei siti web non consente agli acquirenti di comprare da un altro stato.

Questo anche se fa parte della comunità europea.

Lo sfortunato compratore, a seconda del paese, subisce diversi trattamenti “poco felici”.

Ad esempio, non riesce a registrarsi a causa dell’indirizzo IP. Oppure può registrarsi ma (per ovvi motivi) carte di credito/debito sono rifiutate.

Tutto questo, quando proprio l’indirizzo non definitivamente bloccato.

Andrus Ansip, portavoce della Commissione Europea, ha spiegato chiaramente le dinamiche che coinvolgono il fenomeno. Nelle sue conclusioni, sottolinea che in un’epoca  come la nostra, tali condizioni (nel mercato unico) sono inammissibili.



I blocchi geografici, costano milioni di vendite, che in definitiva vanno perdute.  Secondo le constatazioni, emerge che l’85% dei beni materiali non va a buon fine; ben il 41% del mercato libero, subisce la stessa condizione.



Geoblocking 2018: Conclusione e note aggiuntive

A conclusione, la Commissione Europea stabilisce che le condizioni di consegna dei beni materiali, dovranno essere le stesse in tutti i Paesi Membri.

Unica nota dolente è che gli operatori non saranno obbligati a consegnare in tutti i paesi.

Fuori dalla normativa sono da considerarsi videogiochi, libri elettronici e  musica.

Da oggi saranno vietate discriminazioni di pagamento e i venditori non potranno più applicare condizioni diverse a seconda della nazionalità.

Tutte le delucidazioni sul Geoblocking 2018 si possono trovare sul regolamento online.

 

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24