Fine della vita e testamento biologico, sono i temi dedicati al congresso tenutosi il 15 giugno a Bari; presso l’OMCeO. All’evento, che si è svolto nell’Auditorium Bonomo sono intervenuti Filippo Anelli, Presidente Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici) e Presidente dell’Ordine dei medici di Bari.
Con lui Franco Lavalle – Vice Presidente OMCeO Bari e Angelo Vacca – Professore ordinario di Medicina Interna Università di Bari.
L’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bari ha introdotto il convegno alla luce della L. 219 del 22 dicembre 2017 e della L. Regione Puglia n° 253 del 16 gennaio 2019.
L’incontro, ha dato modo ai presidenti di rappresentare l’evento conclusivo del VII anno della Scuola di Etica Pubblica; toccando soprattutto le forme legislative, medico-legali ed etiche coinvolte dalle D.A.T.
D.A.T. – ovvero – disposizione anticipata di trattamento.
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Fine della vita e testamento biologico, le D.A.T. e l’intervento di Filippo Anelli
“Il principio espresso dalle DAT era già presente nel codice deontologico del 2014 – in cui il medico deve tener presente la volontà del paziente – quindi rappresentano un dato ampiamente acquisito per i medici. Il passaggio da un diritto mite come quello deontologico ad un diritto positivo dà maggiore forza al diritto del cittadino; ma pone dei problemi a livello applicativo. Per esempio rispetto al consenso, che diventa un atto sempre più burocratizzato e sempre più esposto a contenziosi legali.”– ha spiegato Filippo Anelli.
Le considerazioni del Presidente della Fnomceo
“Una questione rilevante è quella del fiduciario; perché la sua presenza nel momento in cui il paziente non è cosciente consente di prendere decisioni molto rapidamente e di rispettare le scelte del cittadino. Tra le cose da migliorare della legge ci dovrebbe quindi essere l’indicazione obbligatoria di un fiduciario. L’altro tema importante – sottolinea Anelli – è comprendere cosa il cittadino dichiara, in piena consapevolezza. Lo spirito della legge rinvia il momento della dichiarazione ad un colloquio con il medico, ad un tempo di dialogo ed ascolto. Proprio quel tempo di cura che al momento non è assicurato ai medici; per il numero ridotto degli operatori sanitari e per la mole di lavoro conseguente. Tutto questo si traduce nella impossibilità di assicurare ai cittadini quelle informazioni necessarie a fondamento di un rapporto di qualità tra medico e cittadino. Chi fa allora questo lavoro di profonda applicazione della norma che permetterebbe ai cittadini di assumere decisioni in piena consapevolezza? Il medico, come garante dei diritti dei cittadini e intermediario tra cittadino e stato in questo processo deve essere messo nelle condizioni di svolgere quel ruolo centrale che la legge gli conferisce.”
Parla anche Tommaso Fiore
“Qui, in questa dimensione negoziale con il cittadino – sottolinea Fiore – sta il nuovo ruolo del medico, in un contesto sociale profondamente mutato”.
Tale concetto è ripreso e avvalorato da Vito Antonio Delvino; Direttore Istituto tumori di Bari (IRCCS Giovanni Paolo II).
Delvino, ribadisce, in sintesi il ruolo della legge nel dover sottolineare come nel momento della scelta, debba esserci il medico.
Solo lui, con le giuste competenze può affrontare la fine della vita; affiancando e sostenendo il paziente in un momento così difficile.
Le conclusioni del Vescovo Savino
“Nel nostro paese manca la cultura dell’alleviamento del dolore. Più noi investiremo culturalmente nelle cure palliative, meno ci sarà richiesta di eutanasia. Ancora oggi solo una fascia del 30% accede alle cure palliative; nonostante una legge importate come la legge 38. La preoccupazione sovrana dovrebbe essere assicurare la migliore qualità di vita possibile; anche nel morire. Il dolore in sé è insensato, sovente abbrutisce e offende la dignità della persona. In ogni caso la legge non può normare tutte le situazioni. Occorrerà valutare caso per caso; con attenzione alla situazione complessiva del paziente. Obbedendo sempre alla coscienza.”