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Crisi del commercio in atto, per Confesercenti non è finita

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Crisi del commercio in atto, per Confesercenti non è finita. Nonostante una piccola ripresa le attività commerciali continuano a chiudere

Una crisi del commercio in atto dunque che per l’associazione comporta ancora la chiusura di 14 negozi al giorno.

Una vera e propria emergenza quindi che, nonostante la piccola ripresa degli anni scorsi, è tornata a farsi sentire con una flessione del -0,4% delle vendite per oltre un miliardo di euro in meno rispetto al 2018.

Il reale problema della crisi del commercio in atto, è la mancata ripresa delle famiglie

La spesa delle famiglie infatti non ha avuto momenti di decollo al punto che oggi sono costrette a spendere annualmente 2.530 euro in meno che nel 2011.

Una sofferenza a sua volta, non limitata alle sole aree più povere del paese.

Infatti le famiglie lombarde hanno ridotto i loro consumi del 3,5%, quelle venete del 4,4%, poco meno di quanto avvenuto in Calabria, dove la contrazione è stata del 4,8%.

Ancora: lo stop della spesa ha inoltre portato a riorientamento delle scelte di consumo verso quei canali dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come web e outlet.

E questo ha effetti devastanti sul commercio nazionale visto che quasi un’attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita.

Oggi infatti, rispetto al 2011, ci sono 32mila negozi in meno; un’emorragia che ha portato a bruciare almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese.

E quest’anno stimiamo che spariranno ancora più di 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno.

Una crisi continua che Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti, vede così:

Le difficoltà del commercio, in particolare dei piccoli, sembrano ormai strutturali.

C’è bisogno di un intervento urgente per fronteggiarla: chiederemo al governo di aprire un tavolo di crisi.

È necessaria un’azione organica, ad ampio spettro, per restituire capacità di spesa alle famiglie.

E anche per accompagnare la rete commerciale nella transizione al digitale, creando le condizioni per una leale competizione con il canale web.

Serve formazione e sostegno agli investimenti innovativi ed un riequilibrio fiscale che consenta una concorrenza alla pari tra offline e online.

 

 

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24