Covid19 in Lombardia e inquinamento, c’è correlazione? Lo studio sulla prima ondata di SARS-CoV-2 da parte dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Cnr
Nello studio pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health dunque si parla di Covid19 in Lombardia e inquinamento.
In sostanza, il Cnr-Ismn insieme alla Gipsa-lab del Grenoble Institute of Technology e dalla Fondazione E. Amaldi, ha studiato le possibili correlazioni tra inquinamento atmosferico, dati meteorologici e focolai Covid sviluppatisi nell’area della Regione Lombardia.
Lavori recenti cioè hanno ipotizzato che la presenza di inquinanti atmosferici quali particolato (PM10, PM2,5); ossidi di azoto e di zolfo; le condizioni meteorologiche come temperatura; grado di umidità; velocità del vento; possano condizionare la stabilità di MERS-CoV e SARS-CoV-1 ed è ipotizzabile un simile effetto anche per il SARS-CoV-2.
Nel dettaglio sono stati analizzati i dati epidemiologici forniti giornalmente da Istituto superiore di sanità e Protezione civile; riportando cioè la distribuzione geografica nelle 12 province lombarde durante la prima ondata dell’epidemia (dal 24 febbraio al 31 marzo 2020).
Nel periodo analizzato è emerso che oltre il 63% dei 42.283 contagiati registrati in tutta la regione erano concentrati nelle province di Milano, Bergamo e Brescia.
Più in generale, mentre a livello nazionale il rapporto medio tra casi infetti e popolazione era di circa lo 0,21%, in Lombardia era il doppio (0,42%).
Un nesso tra il Coronavirus-Lombarida-inquinamento, le parole di Roberto Dragone, ricercatore Cnr-Ismn:
I risultati ottenuti mostrano una buona correlazione tra insorgenza dei sintomi da Covid, inquinamento atmosferico e condizioni climatiche registrati in Lombardia tra febbraio e marzo 2020.
Tra i possibili meccanismi riconducibili agli inquinanti chimici atmosferici non si può escludere la sensibilizzazione dell’organismo all’attacco virale per abbassamento delle difese immunitarie.
Inoltre, è da considerare che le concentrazioni di particolato atmosferico monitorate non tengono conto della sua composizione chimica; la quale è responsabile del tipo di interazione con la particella virale e/o con l’organismo umano.
Tale composizione dipende dalla fonte di emissione, e quindi può variare anche a seconda dell’area geografica monitorata.
Infine, non è da sottovalutare che l’esposizione al virus è favorita dagli assembramenti, sia all’aperto sia al chiuso, verificatisi all’inizio della prima ondata della pandemia. Il tutto in assenza di misure preventive per il contenimento del contagio.
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