Coronavirus e le accuse degli esperti: il virus ce l’abbiamo già da novembre
Coronavirus e le accuse degli esperti: L’appello (rimasto inascoltato) dei medici delle zone epicentro del contagio; presenza nei loro territori, già prima di Natale, di una atipica forma di polmonite.
Non si tratta solamente di un’ipotesi suggestiva, né di polemiche fuori luogo con l’Italia flagellata da un’emergenza sanitaria senza precedenti. Le accuse degli esperti sul Coronavirus nascono infatti da considerazioni basate su elementi scientifici; dimostrano che il virus circola nella Bergamasca già da mesi prima delle date ufficiali.
A farsi portavoce di queste verità è il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto farmacologico di ricerca Mario Negri di Milano, che punta il dito contro il Governo cinese, reo di non aver da subito lanciato l’allarme.
Le accuse sulla nascita del Coronavirus nel nostro Paese: il virus circola da noi già da novembre
“Eppure loro, i cinesi, sapevano, perché a metà novembre avevano avuto proprio a Wuhan già 266 persone infettate. Lo ammettono solo adesso, cinque mesi dopo, le stesse autorità governative di Pechino. E lo riporta anche l’inviato a Hong Kong del Guardian. Ma allora hanno taciuto e intanto, a dicembre 2019, forse anche prima, il Coronavirus era già nella Bergamasca.
I medici di base proprio in quel periodo avevano segnalato una strana, anomala forma di polmonite. Un tipo di infezione diversa, mai vista prima, più aggressiva e frequente rispetto alle polmoniti che avevano colpito negli stessi mesi del 2018. Era il Coronavirus. Non l’abbiamo capito perché non lo sapevamo altrimenti avremmo potuto correre ai ripari e forse avremmo evitato migliaia di morti”.
Trasudano amarezza le parole affidate dal professor Remuzzi al settimanale Oggi; soprattutto a fronte dell’altissimo numero di connazionali che hanno perso la vita a causa di questo terribile virus. Un martirio che, forse, si sarebbe potuto evitare -o rendere meno devastante- se il nostro sistema sanitario fosse stato messo nelle condizioni, sin dalle prime avvisaglie, di organizzarsi per fronteggiare l’epidemia.
A Bergamo infatti, una delle città più martoriate dalla pandemia, già a novembre si erano manifestati chiari segnali di diffusione di una polmonite più aggressiva di quella conosciuta. Si trattava delll’allora sconosciuto Covid-19.
A rendere queste ricostruzioni particolarmente attendibili sono i numeri. Basti pensare che nell’ultimo trimestre del 2019 si sono registrati molti più casi di infezione polmonare rispetto agli stessi mesi del 2018. A crescere in maniera preoccupante sono stati anche i decessi per polmonite, come attestano inesorabilmente i certificati di morte di quel periodo.
Le accuse: si doveva intervenire prima
Nell’attesa di un vaccino che al momento sembra l’unico rimedio più efficace per contrastare il virus sul nascere, non si può fare a meno di constatare che sono stati persi dei mesi preziosi. Dichiara ancora Remuzzi:
“Certo abbiamo perso almeno tre mesi a individuare il Covid-19 perché se a metà novembre scorso a Wuhan erano certificati 266 casi significa che alcuni di loro erano già stati colpiti dal virus almeno a fine ottobre. E noi sappiamo che fra novembre e dicembre 2019 fra la Cina, in particolare la zona di Wuhan, e la Bergamasca si sono spostate, in andata e ritorno diciamo così, almeno 30 mila persone.
Alzano e Nembro sono capitali industriali con contatti da ogni parte del mondo. E ora, dopo le rivelazioni dei nostri medici, i cinesi sostengono che il Coronavirus non è esploso a Wuhan ma è arrivato in Cina dalla Bergamasca. Gli untori saremmo noi! Una stupidaggine assoluta perché il genoma del virus parla chiaro. E’ sempre lo stesso e rivela che è “nato” a Wuhan, forse non al mercato degli animali vivi ma nei dintorni, da dove si è poi diffuso con una potenza e una rapidità inimmaginabili”.