Casi gravi da Covid19

Casi gravi da Covid19, nuove frontiere di prevenzione

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Casi gravi da Covid19, nuove frontiere di prevenzione. Analizzati da un team di ricerca dell’Istituto di del Cnr e dell’Università Federico II i dati di una popolazione di oltre mille pazienti

Utilizzate dunque tecniche di data mining applicate alla bioinformatica per prevedere quali geni umani potessero influenzare l’insorgere di casi gravi da Covid19.

Un team di ricerca dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr e dell’Università Federico II di Napoli ha quindi analizzato i dati di una popolazione di oltre mille pazienti italiani affetti da Covid-19.

La ricerca ha inoltre evidenziando l’effetto protettivo esercitato da una variante del gene TMPRSS2 negli uomini giovani e nelle donne anziane.

E’ stato altresì individuato un target terapeutico per lo sviluppo di nuovi farmaci; i risultati sono pubblicati sulla rivista Genes.

Spiega nel dettaglio Giuseppina Andreotti, ricercatrice del Cnr-Icb; che ha coordinato il team di ricerca insieme a Maria Vittoria Cubellis, ricercatrice associata del Cnr-Icb:

Il gene TMPRSS2 è utilizzato nella cellula come stampo per le sintesi di un enzima, una proteasi, in grado di agire su altre proteine; nel caso specifico questa proteasi agisce sulla proteina Spike del coronavirus che è nota essere un elemento chiave per l’instaurarsi dell’infezione.

I dati hanno messo in luce che tra uomini giovani e donne anziane, quelli che avevano una mutazione nel gene TMPRSS2 avevano un quadro clinico meno severo.

Il ruolo decisivo è quindi della variante di TMPRSS2

“In particolare, la variante di TMPRSS2 causa la sostituzione di un amminoacido nella proteasi, al posto della valina in posizione 197 della sequenza c’è la metionina”, specifica infatti la ricercatrice Cnr-Icb.

La proteina mutata in tale modo è studiata “in silico”; cioè con simulazioni matematiche al computer e grazie a programmi di predizione delle proprietà chimico-fisiche delle proteine.

Il passaggio dalla previsione teorica “in silico” alla conferma sostenuta da dati clinici è stato possibile grazie alla collaborazione con Alessandra Renieri, docente dell’Università di Siena.

 

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Autore dell'articolo: Redazione Webmagazine24